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La sostenibilità come leva strategica per le imprese agroalimentari (e non solo)


La sostenibilità non è più solo un elemento imprescindibile per i processi produttivi ma, se inserita in un piano di azioni virtuose, può diventare anche una formidabile leva di competitività per le imprese. E, in particolare, per quelle che appartengono alla filiera agroalimentare. “Alla base di tutto, però, assume sempre maggiore centralità il tema della formazione”, dice Maria Chiara Ferrarese, direttore generale Csqa (acronimo di Certificazione Sicurezza Qualità Agroalimentare, il primo organismo di certificazione in Italia nel settore agroalimentare)

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29/04/2025

La sostenibilità non è più solo un elemento imprescindibile per i processi produttivi ma, se inserita in un piano di azioni virtuose, può diventare anche una formidabile leva di competitività per le imprese. E, in particolare, per quelle che appartengono alla filiera agroalimentare.

Alla base di tutto, però, assume sempre maggiore centralità il tema della formazione. Soprattutto per un settore – quello agroalimentare appunto – che negli ultimi trent’anni è stato protagonista di una profonda innovazione.

Tant’è che, secondo Maria Chiara Ferrarese, direttore generale Csqa, acronimo di Certificazione Sicurezza Qualità Agroalimentare, il primo organismo di certificazione in Italia nel settore agroalimentare e non solo, “la cultura aziendale rappresenta oggi la vera leva strategica per affrontare le sfide globali”.

“Non si può parlare di sostenibilità senza parlare di formazione – scandisce – È necessario che ogni figura aziendale, dalla proprietà alla logistica, sia formata non solo sui principi, ma anche sulle strategie concrete legate alla sostenibilità”.

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Insomma una declinazione concreta di questo nuovo paradigma che rappresenta il punto cardinale per tracciare la rotta verso “una nuova visione del fare impresa: un approccio in cui sostenibilità significa creare valore, innovare e rafforzare la governance”.

Esiste già, in questo senso, un comparto virtuoso ed è quello vitivinicolo. Uno dei settori che maggiormente e con più efficacia ha lavorato in ambito di sostenibilità, con una visione strategica e con l’obiettivo di armonizzare il concetto e l’applicazione nel comparto per proporsi al mercato nel modo più unitario possibile.

Il settore è riuscito, con grande lungimiranza e proattività a definire uno standard di sostenibilità applicabile ai prodotti, alle imprese e anche ai territori. Si tratta dello standard Equalitas, che vede Csqa tra i fondatori, fortemente voluto dal comparto dei vini di qualità italiani e riconosciuto a livello internazionale da diversi ed importanti stakeholder.

Si tratta di un progetto, ben riuscito, per definire uno standard nazionale che è stato creato dai produttori, per i produttori, tarato sulla realtà italiana, che forse per la prima volta ha consentito al settore di “non subire” gli standard internazionali cosi come avvenuto per la sicurezza alimentare con Brcgs/Ifs.

Ciò che emerge, a proposito di sostenibilità, è la visione di prospettiva. Nel lungo termine, infatti, rappresenta un motore di efficienza, riduzione degli sprechi, contenimento dei consumi e gestione più consapevole delle risorse umane e non solo.

Blockchain regolamentata

La blockchain ha lo scopo di notarizzare informazioni ritenute strategiche per la filiera o per il consumatore qualora si intenda trasferirle a quest’ultimo attraverso sistemi di etichettatura innovativi. I sistemi di sostenibilità aziendali o di supply chain richiedono sempre un sistema di tracciabilità delle informazioni: l’elemento essenziale è che tali dati siano veritieri e, per accertarne la veridicità, la certificazione riveste un ruolo essenziale. Diversamente, la tecnologia Blockchain consente di notarizzare anche un dato non verificato da terzi, ma  senza la verifica della veridicità dei dati notarizzati non ha significato.

I nuovi trend per l’agroalimentare

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I trend emergenti riguardano alcuni ambiti specifici: dallo sviluppo di standard volontari certificabili che richiedono un approccio di supply chain come ad esempio Rainforest (per caffè, tè, cioccolato, nocciole) o Equalitas per il vino o Iscc (per garantire la sostenibilità lungo catene di fornitura completamente tracciabili e prive di deforestazione), passando per lo sviluppo di standard regolamentati che riguardano determinati requisiti di uno specifico pilastro della sostenibilità, finendo con la definizione di standard volontari in materia di rating ESG applicabili alle aziende di tutti i tipi e il riconoscimento da parte della Pa e la conseguente incentivazione di alcune norme volontarie come quella in materia di Parità di Genere.

Pmi, la sostenibilità come valore

Per rendere la sostenibilità più inclusiva per le piccole e medie imprese, è necessario puntare su due elementi chiave: formazione diffusa e definizione di un modello di sostenibilità omogeneo. Solo così le Pmi potranno evitare approcci disorganici o poco efficaci, trovando invece una via concreta per generare valore attraverso la sostenibilità, peraltro accedendo a benefici anche sul piano finanziario (gli obblighi del bilancio di sostenibilità introdotto a livello comunitario è una leva importante da questo punto di vista).

Sul fronte finanziario l’interpretazione omogenea e coerente degli Esg da parte degli istituti bancari potrebbe costituire una leva importante per la diffusione dei principi della sostenibilità. La seconda opportunità riguarda gli obblighi introdotti a livello comunitario relativamente alla realizzazione dei bilanci di sostenibilità.

Il terzo elemento è l’incentivazione da parte delle autorità competenti (in base al Green Deal e al Pnrr) degli standard volontari in materia di parità di genere ma anche di turismo sostenibile. La quarta occasione è legata alla previsione, nel Regolamento europeo dei prodotti a Indicazione Geografica pubblicato recentemente, di un nuovo impegno in ambito sostenibilità.

L’orientamento alla sostenibilità rappresenta un’innovazione rilevante e costituisce opportunità importante di aumento del valore riconosciuto. Da ultimo, l’opportunità data dalla direttiva Ue 2024/825 del 28 febbraio 2024 (divieto di greenwashing) che di fatto regola le dichiarazioni ambientali e che obbligherà all’adozione di norme tecniche certificabili a supporto dei green claim per garantire il consumatore.

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“Il futuro dell’agroalimentare e del nostro pianeta  – chiude direttore generale di Csqa – passa attraverso un cambio di paradigma: la sostenibilità non è più un’opzione, ma una necessità strategica. Le aziende che sapranno integrare conoscenza, governance, tecnologia e visione, saranno quelle che riusciranno non solo a sopravvivere, ma a prosperare. E, cosa ancora più importante, a lasciare un segno positivo sul mondo che ci circonda”.



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