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Growth Report racconta come stanno le Start-Up italiane


Come stanno le startup italiane? Per rispondere a questa domanda, Startup Checklist che aiuta a validare e lanciare sul mercato imprese emergenti innovative, ha realizzato il Growth Report 2025. I dati raccolti, poi, sono stati elaborati e messi in correlazione da Dataz agenzia data-driven che supporta le aziende a gestire i propri dati per potenziare il business. 

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Il sondaggio ha interessato 155 startup italiane a cui è stato sottoposto un questionario di 75 domande per analizzare dati e caratteristiche quali la fase in cui si trova l’azienda, le informazioni sul prodotto, il capitale raccolto, il fatturato degli ultimi anni, il rapporto con gli investitori, il modello di business, le competenze, il rapporto con l’intelligenza artificiale e molto altro. 

I dati fanno riferimento agli anni 2023 e 2024 e mostrano come più del 40% delle società intervistate si occupi di soluzioni Saas ed è in una fase di vita cruciale: produzione e release del prodotto. Per quanto riguarda gli aspetti economico finanziari, l’85% delle realtà intervistate ha già raccolto capitali ed è in cerca di altri, mentre il 33% non ne ha mai raccolti ma vorrebbe farlo. Analizzando i diversi team, invece, i dati mostrano come 43 aziende su 155 riportano di avere almeno uno sviluppatore all’interno del proprio organico. 

Avere sviluppatori interni è sicuramente importante per fare growth – spiega Iacopo Livia, founder di Startup Checklist – Ma allo stesso tempo, soprattutto nelle fasi iniziali di una startup, è indispensabile non sovraccaricare questa figura e far sì che si possa sperimentare sia sul marketing che sul prodotto, permettendo di affinare il funnel di vendita. Per questo l’ideale sarebbe avere una struttura nocode o lowcode che consenta di sperimentare velocemente, o quantomeno che permetta al team growth o marketing di sperimentare rapidamente sugli aspetti di front-end senza dover coinvolgere ogni volta il team di sviluppo. In questo modo è possibile fare high-tempo testing, ovvero delle strategie fatte di tanti test eseguiti molto velocemente. Questa metodologia – è stato dimostrato – è una delle caratteristiche comuni delle startup che hanno avuto maggior successo“.

La ricerca si basa sul Growth Hacking, un approccio focalizzato su strategie e tattiche non convenzionali per ottenere una crescita rapida e significativa. Il Growth in generale si riferisce a tutte quelle attività di full funnel e trasversali alle aree dell’azienda dal prodotto al marketing per far crescere le metriche più importanti dell’azienda in modo continuativo. 

Tra le startup, che fanno parte della community di Startup Checklist e che hanno deciso di sottoporsi al sondaggio ci sono: Restworld, Up2You, Winelivery, Small Giants, Joinrs, Zappyrent, Kampaay, Switcho, Qomodo, Futura e Serenis. 

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Dai dati – spiegano Pio e Lorenzo Fiorito, founder di Dataz– emerge che il 93% delle startup ha un growth leader interno (che spesso è lo stesso CEO), ma solo il 5% ha competenze CRO (overo tutte quelle attività di sperimentazione con metodo scientifico che hanno l’obiettivo di migliorare le conversioni). Nella maggior parte dei casi questo leader ha competenze di marketing (79%), di product management (44%) o UX/UI (49%). Quello che però fa riflettere è che ben il 33% delle startup non ha una figura dedicata al growth. Questa mancanza può e deve essere risolta. Anche una piccola azienda in fase iniziale, infatti, deve impegnarsi per la creazione di team di growth con competenze diversificate. Perché puntare sul growth significa avere un approccio trasversale e multidisciplinare alla crescita, una priorità di tutta l’azienda, alla base del concetto stesso di startup”. 

Anche sulla sperimentazione le startup italiane non danno il meglio di sé: sebbene il 71% ha un processo formale o informale di sperimentazione, manca aggiornamento e definizione strategica di step, obiettivi e ownership che permettono di non perdere opportunità di crescita come per esempio i Growth loops. Inoltre, dai dati è emerso che aziende evolute seguono processi poco strutturati mentre startup in fase di validazione creano troppo presto processi complessi. 

Passando invece ai tool, il 76% usa analytics o tool di tracciamento marketing. Tuttavia – e questo è un dato negativo – solo il 7% ha installato sistemi di CDP solo il 7%, che dopo un primo setup permettono di tracciare in modo più facile e immediato tutte le metriche. 

Una riflessione a parte merita invece l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Le 150 startup intervistate ammettono di utilizzarla poco. “Solo il 26% usa molto l’AI, ma il 50% non la utilizza affatto o in casi sporadici. Un vero peccato – spiegano gli autori del sondaggio – perché una tecnologia trasformativa e potenziante come l’AI usata così poco dalle realtà più agili e innovative del paese è un’opportunità potenziale persa”. 

Il metodo per Data

Il report contiene poi dati sul prodotto e fornisce consigli su come crescere di più e su come ottenere più ricavi. Le correlazioni sono state ottenute da Dataz dopo un’attenta analisi dei dati. In particolare sono stati raccolti dati su fatturato 2020, 2021 e 2022, numero di round di investimento e numero di dipendenti nel 2022. Questi dati sono stati ottenuti da 105 delle 155 startup analizzate.

Poi è stato calcolato un indice di crescita basato sulla crescita del fatturato tra due esercizi, che è stato utilizzato come una delle componenti per definire il successo di una startup. Infine sono stati normalizzati tutti i risultati ottenuti attraverso il MinMax Scaling, che trasforma i valori in un range compreso tra 0 e 1. Per definire il successo della startup è stata creata una variabile binaria “successo” combinando i valori standardizzati di quattro variabili: Growth Index, fatturato massimo, numero di round di investimento e numero di dipendenti. Sulla base di questo indice sono state identificate le startup di successo. 



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