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Chip, 400 miliardi di dollari di sussidi già stanziati per i prossimi dieci anni


Sono la base della moderna economia digitale. I semiconduttori sono a valle di tutte le tecnologie e quindi delle interazioni sociali ed economiche di tutti i giorni. Il controllo dell’industria dei chip è perciò sempre più al centro delle strategie governative. Nei prossimi dieci anni il comparto sarà inondato da sussidi e incentivi per 400 miliardi di dollari. Dieci volte quanto stanziato dal 2005 fino a prima della pandemia.

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GLI AIUTI

Un sostegno tale da attivare, nelle previsioni, oltre 700 miliardi in investimenti privati, di cui più della metà negli Stati Uniti. «Sussistono però dubbi sulla sostenibilità economica di alcuni di questi progetti in un contesto di forte incertezza riguardo all’evoluzione della domanda», nota la Banca d’Italia in uno studio pubblicato in questi giorni nella collana Questioni di economia e finanza.

Le recenti difficoltà di Stmacroelectronics, partecipata franco-italiana al centro di un confronto sulla governance che vede Roma contestare la gestione dell’attuale vertice, è la cartina tornasole delle difficoltà, in questo caso legate anche alle prospettive dell’industria automobilistica, tra i principali acquirenti di Stm. Nel primo trimestre dell’anno l’utile netto è crollato dell’89% a 56 milioni di euro.

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Carenza di offerta, dipendenza geografica, impatto ambientale e pressioni geopolitiche sono altre criticità per il mondo dei chip.

Nella corsa a proteggere e rafforzare i propri campioni del settore, l’Unione europea resta indietro rispetto all’avanguardia statunitense e cinese.

Della pioggia di investimenti pubblici circa i tre quarti sono negli Stati Uniti e in Cina.

Tra il 2021 e il 2027 gli Usa hanno messo e metteranno sul piatto 138 miliardi che, con un moltiplicatore a 2,7, hanno portato all’annuncio di investimenti dal settore privato per più di 373 miliardi. La strategia di Washington prevede inoltre una serie di accorgimenti per ostacolare lo sviluppo di Paesi rivali. Ad esempio, per ricevere le risorse stanziate nella cornice del Chip and Science Act, le aziende beneficiarie non possono aumentare per dieci anni la produzione di chip sotto il 28 millimetri, quindi più evoluti, in Paesi che rappresentano preoccupazione per l’amministrazione Usa. Categoria nella quale ricadono Cina e Russia.

Proprio la Repubblica popolare, nel decennio tra il 2019 e il 2029 ha previsto e prevede sostegni per 145 miliardi, una cifra che corrisponde allo 0,8% del pil della seconda economia al mondo. Tuttavia, notano gli esperti di Via Nazionale, la spinta fornita agli investimenti dei privati è «insolitamente bassa». Appena lo 0,5%. Ciò vuol dire che per ogni dollaro speso da Pechino, i privati investono di loro appena 50 centesimi. In totale quindi gli investimenti delle aziende private del Dragone nell’industria si fermano, secondo l’analisi, a 74,5 miliardi, un miliardo in meno delle aziende giapponesi e 30 miliardi in meno delle concorrenti sudcoreane. Le imprese taiwanesi mettono invece circa 62 miliardi a fronte di un contributo di Taipei di 26 miliardi.

L’EUROPA

In questo quadro l’Unione europea ha stanziato circa 49 miliardi, di cui 21 miliardi in Germania; 13 miliardi stanziati dalla Spagna; 5 miliardi dalla Francia e 4 miliardi dell’Italia suddivisi tra il fondo per la microelettronica, crediti d’imposta e risorse per la Chip It Foundation.

Secondo le previsioni, l’ammontare ridotto dei soldi messi dalla Ue allontana l’obiettivo che Bruxelles si è posta di raddoppiare la propria quota di mercato entro il 2030, pur continuando ad vere un ruolo chiave in alcuni segmenti dell’industria.

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