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L’Eurodrone fa passi avanti, inaugurato il sito di assemblaggio in Germania


Si chiama Eurodrone: è la prima arma autarchica sviluppata per sopperire al disimpegno Usa nel continente, ma anche e soprattutto un affare da almeno 7 miliardi di euro a beneficio delle “eccellenze” dell’industria bellica europea.

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Un progetto targato Airbus Defence and Space portato avanti insieme a tre sub-contractor: l’italiana Leonardo, la francese Dassault e la filiale spagnola di Airbus, con il supporto politico e finanziario di Germania, Italia, Francia, Spagna, Belgio e Regno Unito.

Non più un programma sulla carta, bensì la realtà fotografabile nei sobborghi di Manching, comune di 11.200 abitanti in Baviera, dove l’11 aprile è stato inaugurato l’Eurodrone Lab, il sito destinato a ospitare la catena di montaggio finale dei componenti del velivolo senza pilota prodotti in diversi paesi.

«Sarà il primo sistema aereo a controllo remoto su larga scala, a media altitudine, di lunga durata, certificato per navigare nello spazio aereo europeo altamente frequentato. Peserà 11 tonnellate, avrà capacità di carico di 2.300 chili, tangenza di 13.000 metri e velocità massima di 500 chilometri all’ora. Il primo volo è previsto nel 2027. Complessivamente nella linea di assemblaggio di Manching verranno prodotti 20 sistemi per un totale di 60 droni e 40 stazioni di terra. L’entrata in servizio è prevista per la fine del decennio» specifica la nota del costruttore.

Nel programma guidato da Airbus emerge il ruolo di primo piano di Leonardo. All’impresa italiana è affidato lo sviluppo dell’ala del drone e la messa a punto del pacchetto di sensori elettronici, oltre al montaggio del radar modello Gabbiano e l’implemento del flight-computer con capacità multi-missione.

Made in Italy saranno pure il modulo di controllo e l’Airborne armament system progettati nello stabilimento di Caselle Torinese, mentre Mbda (impresa partecipata da Leonardo) gestirà l’integrazione nel sistema del missile aria-terra Brimstone già sviluppato dalla stessa azienda per conto della Royal Air Force.

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Nei piani di impiego nelle forze armate italiane si prevede che l’Eurodrone prenderà il posto dei Predator Usa attualmente in servizio al 32° stormo dell’Aeronautica nella base di Amendola (Foggia).

Due settimane fa a tagliare il nastro del Lab in Baviera c’erano tutti i rappresentanti dell’Organisation Conjointe de Coopération en matière d’Armement (Occar), il committente dell’intero progetto. Fondata nel 1996 su impulso di Francia e Germania, dell’Occar fanno parte anche Italia, Spagna, Regno Unito e Belgio. Fra gli associati esterni, invece, figurano Polonia, Paesi Bassi, Svezia, Turchia, Finlandia, Lituania e Lussemburgo.

È l’Europa in miniatura votata alla «semplificazione della cooperazione nella conduzione dei programmi sugli armamenti» – come recita lo statuto dell’organizzazione – o forse, già, la Germania ingrandita che domina i mutati rapporti di forze fra alleati. In ogni caso l’Occar ha sede a Bonn e il suo direttore dal 2023 è il tedesco Joachim Sucker. Al di là, oltre, e ben prima del varo del piano di riarmo da 1 trilione di euro annunciato dal cancelliere-designato Friedrich Merz.

Per far decollare l’Eurodrone i paesi dell’Occar si sono ispirati all’esempio dell’A-400M, il mega-aereo da trasporto militare di Airbus entrato in servizio nel 2013 di cui sono stati già consegnati 115 esemplari sul totale di circa 180 ordini. Adottato ormai come velivolo-standard da quasi tutti gli eserciti europei, rappresenta perfettamente l’imperativo del fai-da-te dettato dalla Commissione di Bruxelles sebbene l’A-400M non sia esattamente tutta farina del sacco europeo.

A differenza dell’Eurodrone, l’Airbus militare equivalente dell’Antonov An-70 ucraino o alla via di mezzo fra il C-130 Super Hercules e il Galaxy americani, nel 1983 nacque come partnership industriale tra Europa e Stati Uniti. Allora il consorzio di imprese era formato da Aerospatiale per la Francia, Mbb per la Germania, Bae per il Regno Unito e Lockheed per gli Usa. Sei anni dopo Washington si ritirò dal progetto bloccandolo fino al 1999 quando venne creata Airbus Military Company per rispondere ad hoc alla gara di appalto indetta da 8 paesi europei. Solo nel 2000 l’aereo venne ufficialmente dichiarato vincitore del bando di concorso.



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