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Usa, c’era una volta il libero mercato. Comincia l’era del capitalismo clientelare?


di Alessandro Maran

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Nonostante il dietrofront del presidente Donald Trump di questa settimana, le tariffe doganali statunitensi rimangono molto elevate. Con dazi così elevati, ha spiegato ieri Fareed Zakaria nel corso dell’ultima puntata di GPS, la serie di barriere commerciali promulgate e poi rinviate da Trump provocherà una “orgy of corruption” (https://edition.cnn.com/…/gps0413-trump-tariffs-corruption).

Con l’intensificarsi dei negoziati con gli altri paesi e la richiesta di esenzioni dalle elevatissime tariffe doganali da parte delle aziende, accordi speciali e deroghe diventeranno la norma, afferma Zakaria. Ciò danneggerà il libero mercato americano e favorirà il “crony capitalism”, il capitalismo clientelare, cioè quella situazione in cui il successo negli affari dipende da strette relazioni tra uomini d’affari e funzionari pubblici, a discapito della libertà di impresa e della concorrenza. Può essere caratterizzato da favoritismi nella distribuzione di licenze, sovvenzioni governative, sgravi fiscali speciali, ecc. Nel capitalismo clientelare, infatti, le aziende ottengono benefici attraverso connessioni politiche piuttosto che per merito. In Italia lo conosciamo benissimo.

I mercati globali hanno accolto con favore la notizia di una pausa nella guerra commerciale globale di Trump, ma secondo il conduttore del programma di punta della CNN sugli affari internazionali, “tirare un sospiro di sollievo potrebbe essere prematuro. Innanzitutto, i dazi americani sono ancora al massimo storico degli ultimi 100 anni, secondo una stima dello Yale Budget Lab, il che costerà caro agli americani (https://budgetlab.yale.edu/…/fiscal-and-economic…). Ancora più importante, questi negoziati sui dazi provocheranno inevitabilmente una valanga di corruzione. L’economia americana si sta trasformando da principale mercato libero al mondo a principale esempio di capitalismo clientelare”.
I partner commerciali degli Stati Uniti ora subiscono pressioni affinché si rivolgano all’amministrazione Trump con delle controfferte – il presidente americano si è infatti dichiarato aperto a tagliare le tariffe doganali in cambio di offerte “fenomenali”: https://www.bloomberg.com/…/trump-says-he-s-open-to… – cercando accordi per evitare i dazi più elevati una volta scaduti i 90 giorni di pausa imposti da Trump.
“Con i dazi più alti (https://x.com/JustinWolfers/status/1910082725886751229) del mondo industrializzato”, spiega Fareed Zakaria, “il bazar americano è ora aperto. Paesi e aziende si riverseranno su Washington per concludere accordi e ottenere eccezioni, esenzioni e condizioni speciali. Nelle ultime settimane, il Vietnam ha annunciato una serie di misure volte a placare l’amministrazione Trump e a ottenere un buon accordo commerciale. Tra queste: l’approvazione per l’operatività dello Starlink di Elon Musk nel paese (https://edition.cnn.com/…/vietnam-approves…/index.html) e un piano per accelerare un progetto della Trump Organization (https://www.citizensforethics.org/…/vietnamese-prime…/). In effetti, ci sono almeno 19 progetti immobiliari a marchio Trump (https://www.citizensforethics.org/…/trump-foreign…/) in tutto il mondo che saranno in fase di sviluppo durante la sua presidenza, e forse molti altri in preparazione (…) È stato estremamente deprimente vedere alcuni dei leggendari capitalisti americani – figure canoniche di Wall Street – avallare un processo di stipula di accordi attraverso il quale il libero mercato americano sarà costellato di dazi, tasse, regole, eccezioni ed esenzioni”.



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